Consorzio per la salvaguardia dei castelli storici del Friuli Venezia Giulia
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Castello di Valvasone

Torre d'ingresso alla piazzetta del castello.
Torre d'ingresso alla piazzetta del castello.

Il fulcro che diede vita al primo nucleo del borgo di Valvasone è stato il castello. Costruito in muratura su preesistenze tardo antiche nel XIII secolo, è appartenuto all’antica e nobile casata dei di Valvasone, discendente dalla famiglia carinziana dei di Cosa. Nel 1293 divenne possesso del ramo familiare dei Cuccagna di Spilimbergo che da quel momento in avanti affiancò il suo stemma con il leone rosso a quello dei di Valvasone, ovvero un lupo nero in campo bianco (il nome Valvasone deriverebbe dal tedesco wolfes + höfe ovvero ʻmasseria del lupoʼ). Il luogo, su cui sorge il castello, è stato strategico fin dall’epoca romana, poiché  permetteva il controllo del tratto della via Postumia che sfruttava il vicino guado sul fiume Tagliamento in uso fino all’800. Incendiato, ricostruito e danneggiato più volte, anche dagli eventi sismici dei nostri tempi, il castello ha subito nel corso dei secoli notevoli modifiche ed appare oggi come un palazzo rinascimentale ormai privo dei sistemi difensivi di cui era dotato in origine (torri,fossato e ponte levatoio). Nel corso dei secoli ha ospitato diversi personaggi importanti come papa Gregorio XII nel 1409, papa Pio VI nel 1782 e Napoleone Bonaparte nel marzo del 1797. Grazie ai recenti restauri all’interno dell’ala centrale del castello, di proprietà comunale, è possibile ammirare un prezioso TEATRINO, ad uso privato, di fine ‘700 attorniato da uno splendido fregio più antico, risalente alla fine del ‘500, affrescato con putti e scene tratte dalla mitologia classica. Quest’ultimo è stato ispirato dall’opera del conte ERASMO di VALVASON (1523-1593),  autore di poemi come “La Caccia” e “L’Angeleida” e traduttore di opere classiche. In un’altra sala sono stati riportati alla luce affreschi della seconda metà del ‘300. Nei piani superiori sono ospitati un Oratorio dedicato all’Immacolata con stucchi tardo seicenteschi di Bernadino Barelio, saloni con soffitti lignei cinquecenteschi perfettamente conservati e con decorazioni neoclassiche attribuite a Domenico Paghini.