Miramare
Il parco di Miramare non nasce come solenne giardino di rappresentanza, bensì come luogo privato; le intenzioni dell’arciduca erano infatti protese alla realizzazione di un parco di medie dimensioni, in un luogo ancora integro e, quindi, ideale per ospitare programmi sperimentali per specie arboree.
Massimiliano, sostenuto nell’opera dal fidato giardiniere boemo Anton Jelinek, alternò zone a prato a corsi d’acqua, alberi piantati secondo modelli naturali a laghetti, il tutto percorso da sentieri tortuosi per formare una natura quasi disordinata e selvaggia ma in realtà pilotata e pensata in ogni aspetto. Passeggiando fra il verde ancor oggi si rivivono gli stupori di allora nell’ammirare un’inattesa veduta sul mare, uno spazio panoramico inconsueto, un improvviso specchio d’acqua.
Variegate furono le specie utilizzate nella realizzazione del parco e di provenienza diversa: gli indigeni carpino nero, leccio, frassino, corbezzolo; sequoia gigante, pino di sabine, cipresso di Monterey della California; varie specie di cedri del Libano; Araucaria originaria della parte meridionale della Cordigliera delle Ande e così via.
Qua e là interrompono la macchia verde alcune costruzioni fra le quali il castelletto, copia in miniatura dell’edificio padronale che fu saltuariamente abitato da Massimiliano e dalla moglie, o la cappella di San Canciano che, secondo la tradizione, conserva all’interno un crocifisso ligneo particolare: fu commissionato nel 1900 dal fratello minore di Massimiliano, Ludovico Vittore, che lo fece scolpire con parte del legno della nave Novara a ricordo della tragica morte dell’imperatore del Messico.
Accanto ad uno spazio di impostazione romantica, Massimiliano pensò anche ad un’area più formale, un parterre vicino al castello rivolto all’accesso dal mare; solo chi accostava la riva ed approdava al porticciolo - allora accesso privilegiato - poteva ammirare un ampio spazio con vegetazione tipicamente esotica (non completamente giunta fino ad oggi) con palme e jucche, anche di una certa dimensione, per meglio armonizzare con il contesto e valorizzare le statue collocate su alte colonne.
Massimiliano, sostenuto nell’opera dal fidato giardiniere boemo Anton Jelinek, alternò zone a prato a corsi d’acqua, alberi piantati secondo modelli naturali a laghetti, il tutto percorso da sentieri tortuosi per formare una natura quasi disordinata e selvaggia ma in realtà pilotata e pensata in ogni aspetto. Passeggiando fra il verde ancor oggi si rivivono gli stupori di allora nell’ammirare un’inattesa veduta sul mare, uno spazio panoramico inconsueto, un improvviso specchio d’acqua.
Variegate furono le specie utilizzate nella realizzazione del parco e di provenienza diversa: gli indigeni carpino nero, leccio, frassino, corbezzolo; sequoia gigante, pino di sabine, cipresso di Monterey della California; varie specie di cedri del Libano; Araucaria originaria della parte meridionale della Cordigliera delle Ande e così via.
Qua e là interrompono la macchia verde alcune costruzioni fra le quali il castelletto, copia in miniatura dell’edificio padronale che fu saltuariamente abitato da Massimiliano e dalla moglie, o la cappella di San Canciano che, secondo la tradizione, conserva all’interno un crocifisso ligneo particolare: fu commissionato nel 1900 dal fratello minore di Massimiliano, Ludovico Vittore, che lo fece scolpire con parte del legno della nave Novara a ricordo della tragica morte dell’imperatore del Messico.
Accanto ad uno spazio di impostazione romantica, Massimiliano pensò anche ad un’area più formale, un parterre vicino al castello rivolto all’accesso dal mare; solo chi accostava la riva ed approdava al porticciolo - allora accesso privilegiato - poteva ammirare un ampio spazio con vegetazione tipicamente esotica (non completamente giunta fino ad oggi) con palme e jucche, anche di una certa dimensione, per meglio armonizzare con il contesto e valorizzare le statue collocate su alte colonne.
Giardino di Miramare
Viale Miramare34014 Grignano (TS)